Opera sinistra e opera destra, 1991

Lamiera zincata imbiancata
262 × 43 × (da 400 a 1200) cm
Installazione alla Galleria Nuova Pesa, Roma

In meccanica il concetto di simmetria è sviluppato per scopi funzionali.
In Opera sinistra e opera destra, una delle sculture che Umberto Cavenago presenta in questa mostra, lo stesso concetto viene adottato attraverso un sistema costituito da sei quinte mobili che si muovono in un campo di esistenza che varia da quattro a dodici metri.
Si tratta di un’opera unica formata da sei elementi e che in questo caso specifico è stata installata in modo tale che visualmente risulti divisa in due parti. Succede infatti che tre delle quinte che costituiscono la metà dell’opera e che si aprono in modo simmetrico e speculare nei confronti delle altre, sono collocate in una sala della galleria e le altre tre, sono situate in una stanza adiacente alla prima, ma non comunicante con questa.
A dividere il lavoro si trova quindi un muro che frammenta irrimediabilmente l’opera e che ne impedisce la percezione totale. La scultura se idealmente mantiene una sua unità formale, nello stesso tempo si trasforma proprio in funzione dell’architettura in cui viene situata. Opera sinistra e opera destra, così come spesso succede in tutti i lavori di Cavenago, (si pensi a L’Arte stanca realizzato al Museo Pecci di Prato nel 1993) drasticamente interagisce con lo spazio in cui viene a trovarsi proprio perché è stato concepito in vista di una potenziale riorganizzazione e ristrutturazione di questo.
Nello stesso tempo il lavoro subisce un’influenza dal luogo e si lascia contaminare da questo, tanto da adattarsi e trasformarsi in continuazione. La colorazione bianca con cui è rigorosamente trattata la superficie dell’opera pone ancora più in rilievo l’effetto di identificazione che nasce tra questa e la parete di fondo su cui poggia.
La differenza con il supporto a questo punto diventa veramente sottile se non fosse per la leggera tridimensionalità creata dalla sovrapposizione delle quinte. Lo scorrimento lungo la parete e la possibilità di dilatazione insita nella scultura, che può arrivare ad occupare una larghezza di dodici metri, sottende anche un continuo oscillamento tra una dimensione più monumentale ed una totalmente opposta e basata sul desiderio di vuoto e assenza.
Il rapporto con il luogo diventa ancora più intenso dal momento in cui l’oggetto si muove. Il movimento in questo caso diviene metafora dello sviluppo del pensiero e mette in evidenza l’importanza che l’artista attribuisce a questo elemento: “...il movimento è l’unica cosa definitiva dell’esistenza dell’uomo”. Implica anche una reazione da parte sua all’idea tradizionale della scultura vista come un qualcosa di statico e definitivo.
Lungo la superficie di ogni quinta corrono una serie di scanalature che ricordano nel loro ritmo di pieno - vuoto, il principio della composizione architettonica classica.
Contemporaneamente se da una parte l’opera sembra diventare architettura essa stessa, dall’altra il fatto di essere fornita di piccole ruote applicate alla base di ogni quinta, le dà una ulteriore funzione che sfugge e va oltre quella tradizionale dell’architettura.
Opera sinistra e opera destra acquista a questo punto una funzione simbolica in un ambito non convenzionale che è quello dell’arte. Essa si pone come un sostegno, seppure labile e non definitivo, di un sistema sfuggente e soggetto a continuo mutamento.

Saldatura, testo in catalogo di Antonella Soldaini, 1994

The rules of the game, 1991
Galleria Salvatore Ala, 560 Brodway New York; dal 28.9.1991 al 2.11.1991
A cura di Antony Iannacci

Opera sinistra e opera destra, 1991

Lamiera zincata imbiancata
262 × 43 × (da 400 a 1200) cm
Installazione alla Galleria Nuova Pesa, Roma

In meccanica il concetto di simmetria è sviluppato per scopi funzionali.
In Opera sinistra e opera destra, una delle sculture che Umberto Cavenago presenta in questa mostra, lo stesso concetto viene adottato attraverso un sistema costituito da sei quinte mobili che si muovono in un campo di esistenza che varia da quattro a dodici metri.
Si tratta di un’opera unica formata da sei elementi e che in questo caso specifico è stata installata in modo tale che visualmente risulti divisa in due parti. Succede infatti che tre delle quinte che costituiscono la metà dell’opera e che si aprono in modo simmetrico e speculare nei confronti delle altre, sono collocate in una sala della galleria e le altre tre, sono situate in una stanza adiacente alla prima, ma non comunicante con questa.
A dividere il lavoro si trova quindi un muro che frammenta irrimediabilmente l’opera e che ne impedisce la percezione totale. La scultura se idealmente mantiene una sua unità formale, nello stesso tempo si trasforma proprio in funzione dell’architettura in cui viene situata. Opera sinistra e opera destra, così come spesso succede in tutti i lavori di Cavenago, (si pensi a L’Arte stanca realizzato al Museo Pecci di Prato nel 1993) drasticamente interagisce con lo spazio in cui viene a trovarsi proprio perché è stato concepito in vista di una potenziale riorganizzazione e ristrutturazione di questo.
Nello stesso tempo il lavoro subisce un’influenza dal luogo e si lascia contaminare da questo, tanto da adattarsi e trasformarsi in continuazione. La colorazione bianca con cui è rigorosamente trattata la superficie dell’opera pone ancora più in rilievo l’effetto di identificazione che nasce tra questa e la parete di fondo su cui poggia.
La differenza con il supporto a questo punto diventa veramente sottile se non fosse per la leggera tridimensionalità creata dalla sovrapposizione delle quinte. Lo scorrimento lungo la parete e la possibilità di dilatazione insita nella scultura, che può arrivare ad occupare una larghezza di dodici metri, sottende anche un continuo oscillamento tra una dimensione più monumentale ed una totalmente opposta e basata sul desiderio di vuoto e assenza.
Il rapporto con il luogo diventa ancora più intenso dal momento in cui l’oggetto si muove. Il movimento in questo caso diviene metafora dello sviluppo del pensiero e mette in evidenza l’importanza che l’artista attribuisce a questo elemento: “...il movimento è l’unica cosa definitiva dell’esistenza dell’uomo”. Implica anche una reazione da parte sua all’idea tradizionale della scultura vista come un qualcosa di statico e definitivo.
Lungo la superficie di ogni quinta corrono una serie di scanalature che ricordano nel loro ritmo di pieno - vuoto, il principio della composizione architettonica classica.
Contemporaneamente se da una parte l’opera sembra diventare architettura essa stessa, dall’altra il fatto di essere fornita di piccole ruote applicate alla base di ogni quinta, le dà una ulteriore funzione che sfugge e va oltre quella tradizionale dell’architettura.
Opera sinistra e opera destra acquista a questo punto una funzione simbolica in un ambito non convenzionale che è quello dell’arte. Essa si pone come un sostegno, seppure labile e non definitivo, di un sistema sfuggente e soggetto a continuo mutamento.

Saldatura, testo in catalogo di Antonella Soldaini, 1994

Schizzo progettuale

Installazione alla galleria La Nuova Pesa, Roma, 1994

Installazione alla galleria La Nuova Pesa, Roma, 1994

Installazione alla galleria La Nuova Pesa, Roma, 1994
Sulla parete destra Un Quadro, opera di Maurizio Arcangeli