Valentina Petter con Erratico accidentale alla cappella votiva di Castello Cabiaglio in occasione dell'installazione
Qualcosa si muove ma non si muove
Umberto Cavenago presenta un piccolo lavoro che è la quintessenza di un paradosso.
Un paradosso di origine glaciale rivisitato dalla ragione calcolante. Capace di restituire l’incrocio tra il momento dell’intuizione e la progettualità scientifica, Cavenago predispone un intervento minimo, incentrando l’attenzione su un elemento dal carattere decisamente geometrico, quasi ludico e luminoso per come si presenta all’interno dello spazio.
Il piccolo poliedro destabilizzato, che è il risultato di una riscrittura di un esaedro troncato con facce irregolari che annullano tutti gli angoli a 90 gradi, con un richiamo ad un elemento naturale dal motivo misterioso: il masso erratico.
Per definizione il masso erratico è un masso (di dimensioni variabili e se ne conoscono parecchi) che non è immobile, almeno per lo sguardo e i tempi umani. Ha difatti una cadenza geologica, lentissima, indefinita; la sua condizione, quasi filosofica, è quella dello spostamento infinitesimale.
Cavenago immagina così una forma disegnata dal caso, e costruisce di rimando, un tetracaidecaedro, un solido archimedeo con numerose facce e spigoli nati da un poliedro regolare pronto allo spostamento e all’appoggio sul piano orizzontale, una forma legata all’incidentalità dell’errare. È collocato sul piano di calpestio, in uno spazio circolare ottenuto dallo scostamento delle foglie secche, come a richiamare un vuoto dato da un possibile impatto (si credeva infatti che i massi erratici arrivassero dal cielo, dagli astri, come pietre scagliate dagli dei). In Erratico accidentale razionalità e causalità si incontrano.
Luca Scarabelli
Copia dal vero
Primo tempo: in natura
La forma di un masso è disegnata dalle accidentalità del proprio errare, piani irregolari concavi e convessi definiscono la morfologia delle formazioni rocciose che si spostano con la forza di gravità e l’erosione dalla montagna al livello del mare. La disgregazione meccanica senza apparente progetto trasforma i blocchi in detriti sempre più piccoli, e con il tempo, in granelli di sabbia.
Secondo tempo: nel progetto
Non posso immaginare un masso se non partendo dal più semplice dei solidi platonici: l’esaedro regolare con 6 facce quadrate. Troncando i sui suoi 8 vertici con tagli netti e casuali si destabilizzerà la forma del cubo aumentando le sue facce da 6 a 14 annullando così tutti gli angoli a 90 gradi. Il procedimento genera un poliedro irregolare con superfici d’appoggio aumentate, più adatto allo spostamento.