A prova di scemo, 1990

Acciaio zincato a caldo
30 × 12 × 18 cm

Prototipo (senza numero)

La prima installazione del 1989 allo Studio Marconi di Milano

Con Pattini a rotelle, Cavenago introduce una prima relazione con la figura umana. La piastra orizzontale, sagomata secondo la forma del piede umano e posta su quattro ruote, invita a una naturale interazione da parte dello spettatore, suggerita anche dalla collocazione a pavimento dell'opera.

La prima installazione dei pattini a rotelle, realizzata nel 1989 allo Studio Marconi di Milano, comprendeva una dozzina di elementi, tutti diversi tra loro, modellati sulle misure del piede umano. I pattini erano installati dispersi sui tre piani della galleria, disposti a coppie uno di fronte all'altro.

I singoli elementi, pronti ad essere utilizzati per muoversi nello spazio, sembravano invitare il pubblico a sperimentare il movimento sulle ruote. Apparentemente funzionali, l'installazione stuzzicava i visitatori, invitandoli inconsapevolmente a una vera e propria prova di interazione. I vari elementi avevano inoltre una valenza di piedistallo perché l'assenza della figura umana sopra di essi creava un vuoto che sollecitava una "prova di compatibilità" con se stessi. Nonostante il tutto fosse finzione e metafora, l'opera trasformò numerosi osservatori in veri utilizzatori dei pattini. Questi, senza remore, salivano e scendevano dalle opere per saggiare le potenzialità dichiarate dalla loro forma. Tuttavia, l'esile struttura dei pattini, incapace di sopportare questa naturale interazione, collassava, piegandosi e deformandosi sotto il peso del pubblico dell'Arte.

Fallimento e ridefinizione

Cavenago, con questa opera, fallisce nel suo intento di coinvolgere lo spettatore e si ritrova la sua installazione abbandonata e scartata, come una serie di oggetti non funzionanti, rotti e giudicati inadeguati rispetto alle promesse fatte durante il vernissage.

Un fallimento straordinario che, con il passare del tempo, porta l'artista a una nuova ridefinizione del progetto. Prendendo a prestito il rimprovero del padre, che tante volte, dopo aver trovato giocattoli o attrezzi rotti, gli diceva letteralmente: "hai bisogno che le tue cose vengano costruite a prova di scemo". Questa critica, seppur aspra, si rivela una lezione preziosa per Cavenago.

 A distanza di anni, il ricordo di quelle parole lo spinge a mettere a punto un nuovo prototipo di opera, realizzato in acciaio a forte spessore, robusto e resistente. Questa volta, Cavenago progetta l'opera per sopportare l'interazione del pubblico senza cedimenti.

Il monito del padre diventa così parte integrante dell'opera, adottato anche come titolo per le serie di pattini realizzate in seguito.


Photo © Antonio Maniscalco

A prova di scemo, 1990

Acciaio zincato a caldo
30 × 12 × 18 cm

Prototipo (senza numero)

La prima installazione del 1989 allo Studio Marconi di Milano

Con Pattini a rotelle, Cavenago introduce una prima relazione con la figura umana. La piastra orizzontale, sagomata secondo la forma del piede umano e posta su quattro ruote, invita a una naturale interazione da parte dello spettatore, suggerita anche dalla collocazione a pavimento dell'opera.

La prima installazione dei pattini a rotelle, realizzata nel 1989 allo Studio Marconi di Milano, comprendeva una dozzina di elementi, tutti diversi tra loro, modellati sulle misure del piede umano. I pattini erano installati dispersi sui tre piani della galleria, disposti a coppie uno di fronte all'altro.

I singoli elementi, pronti ad essere utilizzati per muoversi nello spazio, sembravano invitare il pubblico a sperimentare il movimento sulle ruote. Apparentemente funzionali, l'installazione stuzzicava i visitatori, invitandoli inconsapevolmente a una vera e propria prova di interazione. I vari elementi avevano inoltre una valenza di piedistallo perché l'assenza della figura umana sopra di essi creava un vuoto che sollecitava una "prova di compatibilità" con se stessi. Nonostante il tutto fosse finzione e metafora, l'opera trasformò numerosi osservatori in veri utilizzatori dei pattini. Questi, senza remore, salivano e scendevano dalle opere per saggiare le potenzialità dichiarate dalla loro forma. Tuttavia, l'esile struttura dei pattini, incapace di sopportare questa naturale interazione, collassava, piegandosi e deformandosi sotto il peso del pubblico dell'Arte.

Fallimento e ridefinizione

Cavenago, con questa opera, fallisce nel suo intento di coinvolgere lo spettatore e si ritrova la sua installazione abbandonata e scartata, come una serie di oggetti non funzionanti, rotti e giudicati inadeguati rispetto alle promesse fatte durante il vernissage.

Un fallimento straordinario che, con il passare del tempo, porta l'artista a una nuova ridefinizione del progetto. Prendendo a prestito il rimprovero del padre, che tante volte, dopo aver trovato giocattoli o attrezzi rotti, gli diceva letteralmente: "hai bisogno che le tue cose vengano costruite a prova di scemo". Questa critica, seppur aspra, si rivela una lezione preziosa per Cavenago.

 A distanza di anni, il ricordo di quelle parole lo spinge a mettere a punto un nuovo prototipo di opera, realizzato in acciaio a forte spessore, robusto e resistente. Questa volta, Cavenago progetta l'opera per sopportare l'interazione del pubblico senza cedimenti.

Il monito del padre diventa così parte integrante dell'opera, adottato anche come titolo per le serie di pattini realizzate in seguito.


Photo © Antonio Maniscalco