Un anello. Un volume immaginario collocato all'interno dello spazio Surplace di Varese ma che esce allo scoperto e si formalizza concretamente fuori dalle sue due finestre. Come se lo spazio non potesse contenerlo completamente.
Le finestre lo profilano plasmandone la forma e modellandolo.
Accostarsi all’immaginario è predisporsi a sentire un racconto di qualcosa che non c’è, a vedere qualcosa in potenza, proiettarsi in una apparizione.
Se ci si trova a camminarci nel mezzo, poi, la possibilità diventa atto percettivo, evento di cui si fa esperienza diretta.
Cavenago – che sfida continuamente lo spazio costruendo macchine fisiche che sono anche “veicoli” per mondi immaginari che prendono forma dalla sua passione per la cultura del progetto intrecciata con la passione per la cultura artistica – ci porta a confrontarci con una contingenza in cui lo scarto retorico dell’immaginazione è relativo, perché anche in absentia ci fa percepire il mondo delle cose, le porta in scena in un equilibrio perfetto tra sottrazione e presenza.
La sua è una dialettica di incontro tra l’immagine mentale e l’immagine materiale, interdipendenti come scrive Augé in La guerra dei sogni. Sogni e icone che si rincorrono, il come e il cosa. Trasparenza e opacità in fieri direbbe Danto.
La parte più complessa di Eccentrica immaginaria, opera site specific per lo spazio Surplace, è stata la sua traduzione in un disegno-cosa. Il primo momento in cui l'idea si fissa è già di per sé un atto costruttivo, la procedura rappresentativa che vi si manifesta a livello eidetico – come immagine mentale, che qui a ben vedere non si perde del tutto – è materializzata in una forma dinamica, proiettata nello spazio per articolarlo: una sfida, visto che un problema è stato quello di trasferire nella realtà una parte del percorso perimetrale di un settore di corona circolare eccentrica rastremata.
La sua cultura legata alla funzione è molto fisica, tecnica, produttiva e contemporaneamente sottilmente intellettuale. Una parete dello spazio espositivo Surplace diventa il “terreno percettivo” che organizza topologicamente il “materiale visivo”.
L’elemento architettonico della parete seziona la forma e crea un confine tra ciò che è visibile e concreto, e ciò che è immaginato e dissimulato. Le finestre dello spazio, principali elementi di trasformazione, sono il motivo concreto che ha determinato le dimensioni e la collocazione dell’opera.
Cavenago parte sempre da uno stereotipo per rileggerlo, ribaltarlo, come minimo sfruttarlo per dargli una spinta altrove.
Eccentrica immaginaria è un dispositivo scultoreo che dimora fuori e dentro.
La sua parte eidetica dentro, la fisica fuori.
L’immagine è un processo disvelato e qui il rappresentato si da in un’immagine concreta. È ancora scultura la parte interna? La parte esterna (che disegna in modo nuovo il muro dell’edifico, a cui ci si avvicina con una scala metallica di servizio, passandoci giusto sotto) è sufficiente al racconto? In un gioco di sineddoche visiva in una parte dell’opera nessuna materia è data, ma qualcosa ci dice che è lì, non ci si può sbattere la testa contro, ma la sensazione è di trovarsi in presenza di qualcosa. Nella parte esterna la testa, invece, può effettivamente sbatterci contro. Lo sguardo dello spettatore (vigile e attento nella salita esterna, acuto e interrogativo all’interno) gli da voce.
Cavenago misurando lo spazio, e noi con lui, riflette sulle possibilità costruttive di un oggetto – il desiderio e l’oggetto – ma anche su come la scultura può incidere sullo spazio e sul tempo (l’opera è fortemente legata al luogo), ci invita a camminare nel vuoto dell’ambiente dentro un’eccentrica visione.
Dalle finestre dello spazio espositivo - che costituiscono una parte della dimensione immateriale - volgendo lo sguardo verso l’esterno, ma all’interno della scultura, si vede qualcosa che risucchia non solo la percezione visiva, ma anche quella uditiva, tramite la presenza di un condotto nel quale quello che si vede e si dice torna indietro.
Sì perché Eccentrica immaginaria è anche una macchina che conduce il suono, lo manifesta come atteggiamento… è un attimo bisbigliare o urlare dentro la sua forma per sentire se qualcosa esce dall’altra parte. Una voce-suono che è anche una prova colore, una prova d’effetto, una prova di geometria costruttiva…ascolta di là le mie parole. Una scultura ascoltata.
Si tratta di un dispositivo eccentrico che ci permette di capire vedendo e di trasmettere un senso che si costruisce “abitandolo”, facendone esperienza, diventandone misura.
C’è il porre e il levare, che è l’antico gioco del fare scultura, ma traslato in forma architettonica eccentrica e immaginativa: ovvero una cosa c’è, e poi non c’è ma c’è e lo spazio vibra.
Noi siamo nell’opera.
Luca Scarabelli, 2017
Umberto Cavenago – Eccentrica immaginaria
Varese - 18/06/2017-27/08/2017
Artribune.com
Un anello. Un volume immaginario collocato all'interno dello spazio Surplace di Varese ma che esce allo scoperto e si formalizza concretamente fuori dalle sue due finestre. Come se lo spazio non potesse contenerlo completamente.
Le finestre lo profilano plasmandone la forma e modellandolo.
Accostarsi all’immaginario è predisporsi a sentire un racconto di qualcosa che non c’è, a vedere qualcosa in potenza, proiettarsi in una apparizione.
Se ci si trova a camminarci nel mezzo, poi, la possibilità diventa atto percettivo, evento di cui si fa esperienza diretta.
Cavenago – che sfida continuamente lo spazio costruendo macchine fisiche che sono anche “veicoli” per mondi immaginari che prendono forma dalla sua passione per la cultura del progetto intrecciata con la passione per la cultura artistica – ci porta a confrontarci con una contingenza in cui lo scarto retorico dell’immaginazione è relativo, perché anche in absentia ci fa percepire il mondo delle cose, le porta in scena in un equilibrio perfetto tra sottrazione e presenza.
La sua è una dialettica di incontro tra l’immagine mentale e l’immagine materiale, interdipendenti come scrive Augé in La guerra dei sogni. Sogni e icone che si rincorrono, il come e il cosa. Trasparenza e opacità in fieri direbbe Danto.
La parte più complessa di Eccentrica immaginaria, opera site specific per lo spazio Surplace, è stata la sua traduzione in un disegno-cosa. Il primo momento in cui l'idea si fissa è già di per sé un atto costruttivo, la procedura rappresentativa che vi si manifesta a livello eidetico – come immagine mentale, che qui a ben vedere non si perde del tutto – è materializzata in una forma dinamica, proiettata nello spazio per articolarlo: una sfida, visto che un problema è stato quello di trasferire nella realtà una parte del percorso perimetrale di un settore di corona circolare eccentrica rastremata.
La sua cultura legata alla funzione è molto fisica, tecnica, produttiva e contemporaneamente sottilmente intellettuale. Una parete dello spazio espositivo Surplace diventa il “terreno percettivo” che organizza topologicamente il “materiale visivo”.
L’elemento architettonico della parete seziona la forma e crea un confine tra ciò che è visibile e concreto, e ciò che è immaginato e dissimulato. Le finestre dello spazio, principali elementi di trasformazione, sono il motivo concreto che ha determinato le dimensioni e la collocazione dell’opera.
Cavenago parte sempre da uno stereotipo per rileggerlo, ribaltarlo, come minimo sfruttarlo per dargli una spinta altrove.
Eccentrica immaginaria è un dispositivo scultoreo che dimora fuori e dentro.
La sua parte eidetica dentro, la fisica fuori.
L’immagine è un processo disvelato e qui il rappresentato si da in un’immagine concreta. È ancora scultura la parte interna? La parte esterna (che disegna in modo nuovo il muro dell’edifico, a cui ci si avvicina con una scala metallica di servizio, passandoci giusto sotto) è sufficiente al racconto? In un gioco di sineddoche visiva in una parte dell’opera nessuna materia è data, ma qualcosa ci dice che è lì, non ci si può sbattere la testa contro, ma la sensazione è di trovarsi in presenza di qualcosa. Nella parte esterna la testa, invece, può effettivamente sbatterci contro. Lo sguardo dello spettatore (vigile e attento nella salita esterna, acuto e interrogativo all’interno) gli da voce.
Cavenago misurando lo spazio, e noi con lui, riflette sulle possibilità costruttive di un oggetto – il desiderio e l’oggetto – ma anche su come la scultura può incidere sullo spazio e sul tempo (l’opera è fortemente legata al luogo), ci invita a camminare nel vuoto dell’ambiente dentro un’eccentrica visione.
Dalle finestre dello spazio espositivo - che costituiscono una parte della dimensione immateriale - volgendo lo sguardo verso l’esterno, ma all’interno della scultura, si vede qualcosa che risucchia non solo la percezione visiva, ma anche quella uditiva, tramite la presenza di un condotto nel quale quello che si vede e si dice torna indietro.
Sì perché Eccentrica immaginaria è anche una macchina che conduce il suono, lo manifesta come atteggiamento… è un attimo bisbigliare o urlare dentro la sua forma per sentire se qualcosa esce dall’altra parte. Una voce-suono che è anche una prova colore, una prova d’effetto, una prova di geometria costruttiva…ascolta di là le mie parole. Una scultura ascoltata.
Si tratta di un dispositivo eccentrico che ci permette di capire vedendo e di trasmettere un senso che si costruisce “abitandolo”, facendone esperienza, diventandone misura.
C’è il porre e il levare, che è l’antico gioco del fare scultura, ma traslato in forma architettonica eccentrica e immaginativa: ovvero una cosa c’è, e poi non c’è ma c’è e lo spazio vibra.
Noi siamo nell’opera.
Luca Scarabelli, 2017
Umberto Cavenago – Eccentrica immaginaria
Varese - 18/06/2017-27/08/2017
Artribune.com
Idea progettuale
Collezione privata, Castello Cabiaglio
Il prof. Paolo Sandano
Photo © Umberto CavenagoRilievi per l'allestimento
Photo © Umberto CavenagoIn corso di allestimento presso Surplace. Zentrum, Varese 2017
Photo © Luca ScarabelliLuca Scarabelli durante le fasi di installazione
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