Alcune note su La 74
L'opera prende il titolo da L'alcova d'acciaio, il libro che Filippo Tommaso Marinetti dedica agli ultimi mesi della sua esperienza di guerra nel primo conflitto mondiale. Il libro narra anche le imprese che il giovane tenente compie a bordo della "74", l'avvenieristica autoblinda Lancia-Ansaldo 1ZM con la quale egli si gettò verso il fronte nemico. Cavenago riprende il mito macchinista di Marinetti per riproporre La 74 in chiave simbolica e antibellica. Il nuovo veicolo-alcova con il quale l'artista consegna una rilettura dell'esperienza estetica del primo Futurismo, è un'"autoblinda" di acciaio Cor-Ten, realizzata azzerando tutti gli indizi offensivi del veicolo ispiratore. Ancorché disinnescata e ridotta a volume minimale, essa però conserva un'aura di enigmatica aggressività: La 74 è una scultura su ruote, apparentemente inaccessibile, al cui interno è collocata un'alcova simbolica costituita da due cuccette di ispirazione militare.
Luigi Di Corato
La 74 a Villa d'Este
Sistemata in posizione precaria, sul terreno erboso di uno dei riquadri in pendio nella parte settentrionale del giardino, La 74 è una scultura su ruote realizzata in circa sessanta parti di acciaio corten e acciaio zincato, tra loro imbullonate. Il montaggio degli elementi costitutivi è organizzato secondo uno schema, predisposto dall'artista, che specifica criteri, ordine e sequenze per la ricomposizione dell'intero plastico.
Il lavoro si presenta come un volume chiuso, blindato, con un interno accessibile da una porta sul lato posteriore, un spazio attrezzato dove si trovano due cuccette e una serie di oggetti ed arnesi indispensabili per il montaggio e lo smontaggio del veicolo scultoreo (scala, paranco con guida, cassetta di attrezzi comprensiva di bulloni di montaggio, crick di sollevamento fino a tremila chili, livella, strumenti per la registrazione e messa a punto delle ruote, ecc.).
Il veicolo è una sorta di volumetrico autoblindo, dotato di ruote non sterzanti, statico nella sua massa metallica di tremila chili di peso, apparentemente inamovibile.
Come il suo stesso nome rivela, deriva da una suggestione per la La 74, l'autoblindo di F. T. Marinetti del romanzo L'alcova di acciaio (1921), da cui tra l'altro riprende l'idea dell'interno, in una alcova algida e irriverente, di arredo tecnologico. Il lavoro si è sviluppato da Monocromo bianco, 2005, esposto alla mostra La scultura italiana del XX secolo, Fondazione Pomodoro, Milano (2005): un improbabile blocco con le ruote, di materiale dichiarato come lapideo, ma di dubbia consistenza, dipinto a olio ed appeso al muro come si trattasse di pittura su macigno. Ne La 74 lo stesso volume è ripensato come uno scatolare in lamiera, secondo modalità ingegneristiche che rendono possibile l'attuazione di un movimento inteso come possibilità facilitata di installazione e smontaggio, e come vera e propria movimentazione della stessa scultura su ruote.
La riflessione sulla potenzialità del movimento dell'oggetto scultoreo, nelle due accezione di dinamismo della massa statica e di moto e trasportabilità, fisica e concettuale, del lavoro artistico, costituisce sin dagli inizi il principale tema della ricerca di Cavenago. Dopo la messa su ruote di volumi geometrici in acciaio zincato, realizza tra il 1988-89, Camion e Camion a T, veicoli semplificati, sempre in lamiera zincata, risultato di una minimizzazione della forma originaria, composti di un parallelepipedo poggiato su un piano orizzontale e adagiato su un plinto a quattro ruote. Un successivo sviluppo è Half Ton (1989), una scultura realizzata come un gigantesco TIR, con grandi ruote regolamentari e talmente fuori misura da occupare lo spazio interno dello Studio Marconi 17 di Milano. Dipinto di bianco come la sala espositiva, ha un movimento limitato dal rapporto di misura con lo spazio, con cui si integra quasi ad assimilarsi ad elemento architettonico dello stesso.
La 74 ha anche riferimenti nella concezione dello spazio interno alla struttura, che è al tempo stesso rifugio nascosto, spazio di manovra e asfittica prigione con Home Sweet Home, un volume elementare di casa spaccata a metà, progettato per il concorso di scultura all'aperto da collocare a Rozzano (2004).
Realizzato presso l'officina Rebuzzi di Brusaporto (BG), il lavoro su La74 è integrato da un manuale di montaggio, stampato in edizione limitata, completo di disegni e da un video in time lapse che riprende le operazioni di smontaggio - rimontaggio in officina, nello studio e infine a Villa d'Este e comcepito come work in progress di accompagno dell'opera nelle sue successive movimentazioni.
Nicoletta Cardano